9-10 Settembre: Rifugio Ludwigsburg al Barbellino, Passo Caronelle, Lago Gelt, Lago di Malgina

Preparare un programma escursionistico con mesi di anticipo, comporta sempre dei rischi legati soprattutto all'andamento del tempo meteorologico quindi il rischio che alla data programmata l'escursione debba essere rimandata o addirittura annullata.
Questa è l'evenienza che lo scorso 9 e 10 settembre abbiamo “sfiorato” nel realizzare l'escursione al Rifugio Ludwigsburg al Barbellino (il 4 luglio 2021 il Rifugio è stato intitolato alla città tedesca di Ludwigsburg, che insieme al suo circondario è gemellata alla provincia di Bergamo dal 2002) e la successiva traversata in Valle di Malgina attraverso la Bocchetta Gelt.
Per tutta la settimana antecedente la partenza, è stato un susseguirsi di confronti con le previsioni offerte dai vari siti meteo che presentavano un continuo altalenarsi tra mattina e pomeriggio di limitate finestre di bel tempo nella giornata di venerdì 9 e una situazione più confortante nella giornata di sabato 10.
Con queste incertezze, all'incontro pre-gita del giovedì decidiamo di sfruttare la finestra di bel tempo che dovrebbe consentirci tra le 10 e le 15 del giorno successivo un'escursione “asciutta” lasciando alle ore precedenti e successive a quegli orari la possibilità (certezza) di pioggia più o meno consistente: partenza quindi alle ore 9,00 da Mozzo con destinazione Valbondione.
Sono circa le 5 del mattino di venerdì e Giove Pluvio decide di regalare alla terra assetata dalla siccità una quantità di acqua straripante dove il solo salire in macchina, se non sei al coperto, comporta un rischio concreto di “lavaggio”.
Alle otto del mattino, un'occhiata all'ultima previsione meteo, un rapido giro di telefonate e la decisione di spostare la partenza alle ore 10,00 confidando che iniziando a camminare verso le 11,30 saremo nel pieno della fascia oraria di bel tempo.
In effetti l'arrivo a Valbondione è salutato da un cielo di uno splendido azzurro che l'aria tersa e frizzantina rende ancora più intenso, solcato qua e là da bianche nuvole che si dissolvono rapidamente.
Lo scrosciare dell'acqua che precipita da numerose cascate e cascatelle ci accompagna lungo il sentiero che sale a Maslana e per un breve tratto facciamo compagnia ad una salamandra che spaventata dal nostro passaggio “corre” lungo il sentiero alla ricerca di un riparo.
Maslana è sempre uno straordinario colpo d'occhio, con le sue casette in pietra tutte perfettamente curate, dove tranquillità e serenità trasudano da ogni parte grazie anche all'incantevole ambiente in cui sorge.
Raggiungiamo la sterrata che sale da Valbondione (chiusa nel primo tratto per una frana) e improvvisamente ci accorgiamo che il cielo è tornato a coprirsi, plumbeo a dispetto di una previsione che almeno fino alla metà pomeriggio assicurava bel tempo.
Siamo in prossimità del riparo che serve la teleferica che approvvigiona il Rifugio Curò e subito alcune gocce di pioggia cominciano a scendere, via via più copiose fino a trasformarsi in una vera e propria pioggia consistente.
Fortunatamente siamo al riparo è vero, ma siamo anche un po' preoccupati perchè dopo più di mezz'ora d'attesa il tempo non sembra migliorare, ma quando ormai rassegnati all'utilizzo di copri zaini, mantelle, ombrellini, ecc., pensiamo di ripartire, ecco che da ovest il cielo tende a schiarire, qualche sprazzo d'azzurro fa capolino tra le nubi e la pioggia comincia a diminuire.
Ancora una decina di minuti e finalmente riprendiamo la salita accompagnati dal sole che fino al Curò renderà ancor più suggestivo lo spettacolo che il sentiero panoramico che stiamo percorrendo ci offre.
Al rifugio, una breve sosta e subito ripartiamo anche perchè il cielo si è di nuovo coperto e l'ora di cammino che ci separa dal Rifugio Ludwigsburg al Barbellino vorremo percorrerla senza l'utilizzo dei copri zaino, mantelle, ombrellini, ecc.
Non possiamo rimanere indifferenti allo stato del lago artificiale drammaticamente al di sotto del normale livello di riempimento a causa della siccità di questa estate, ma per fortuna le piogge degli ultimi giorni ridanno un po' “d'ossigeno” alla terra assetata e la cascata d'acqua che scende dalla Val Cerviera è un tripudio di potenza e bellezza.
Numerosi altri rivoli, torrenti più o meno impetuosi scendono dalle valli laterali e ci costringono a diversi guadi che ci portano finalmente in prossimità della nostra meta odierna, non prima d'aver ancora goduto delle spettacolari acque dell'impetuoso torrente che dal lago naturale del Barbellino scende a quello artificiale con numerose pozze e cascate.
Raggiungiamo il rifugio accolti dalla simpatica e giovane coppia dei gestori accompagnati dall'abbaio continuo di Maja, il volpino bianco candido che più tardi riusciremo anche a coccolare e finalmente dopo esserci sistemati nel camerone lindo e coloratissimo tutto per noi, (siamo in sette mentre in un altro camerone ci sono altre cinque persone di un altro gruppo che portano a dodici il totale degli ospiti di questa sera), ci concediamo un piccolo aperitivo in attesa della cena che si dimostrerà di ottima qualità.
La giornata volge al termine e mentre fuori le nebbie avvolgono le montagne che ci circondano ci concediamo ancora qualche momento di svago prima di abbandonarci nelle braccia di Morfeo e sognare l'avventura che ci attende il giorno successivo.
E' mattino e in rifugio regna la tranquillità: siamo in pochi e non c'è quel subbuglio che caratterizza le sveglie antelucane che solitamente viviamo in altre situazioni simili; la colazione abbondante e completa è in tavola e come da programma, alle 8,00 siamo pronti per iniziare la nuova giornata.
Il sole splende, ma nella conca ancora in ombra i cinque gradi di temperatura danno una bella strizzatina alla voglia di mettersi in moto, così dopo i saluti ai rifugisti (e a Maja) iniziamo la salita verso il Passo Caronelle a 2612 m di quota.
Man mano si sale il panorama si apre sempre più e l'occhio blu del lago naturale riempie la conca chiusa dalla mole imponente del Torena e dominato dalla svettante cima del Pizzo Strinato.
L'ambiente è selvaggio, di una bellezza quasi arcaica se non fosse per i tralicci delle linee elettriche che salgono al Passo segnando l'intervento dell'uomo sulla Natura per ricavarne un proprio beneficio.
Poco prima del Passo, raggiungiamo il Bivacco A.E.S. a quota 2591 m; si tratta di una polveriera risalente alla Grande Guerra, nel 2000 recuperata e trasformata in bivacco dal Gruppo Amici Escursionisti di Sforzatica-Dalmine.
Si tratta di un'opera straordinaria che si apprezza entrando nel bivacco e ammirando in particolare la volta fatta di pietre compattate una accanto all'altra.
Al Passo, troviamo un secondo bivacco (Bivacco A.E.M., piccola costruzione in muratura), ma quello che attira la nostra attenzione è l'ambiente che ci circonda, caratterizzato alla nostra sinistra da una imponente ed antica frana, superata la quale arriveremo al punto più alto della nostra escursione: la Bocchetta Gelt a 2727 m di quota.
Sono “solo” 100 m di dislivello, ma sono tutti lì, ripidissimi, per nulla agevoli, ma la ricompensa a questo ultimo sforzo merita tutto il nostro impegno e la nostra fatica.
Raggiunta la bocchetta, la visione che si apre sulla conca sottostante è a dir poco irreale.
In un paesaggio quasi alieno, spicca con il suo blu intenso il Lago Gelt, un nome che evoca brividi di freddo, ed in effetti per molti mesi l'anno è ricoperto dalla neve, ma quando l'estate arriva in alta quota e la neve si scioglie, il lago rivela la sua suggestiva forma di cuore: il cuore delle Orobie.
Sullo sfondo, imponente si alza la cuspide del Diavolo di Malgina che con i suoi 2924 m di quota è la massima elevazione della zona.
Con molta attenzione scendiamo gli oltre 160 m ripidissimi di dislivello che ci separano dal lago, e proseguiamo la discesa verso il Lago di Malgina (2340 m), specchio d'acqua cristallina posta in una delle conche più belle delle Orobie, non prima però d'essere coinvolti dalle bizzarre corse tra le rocce di un ermellino solitario.
Scendendo in Valle di Malgina, lo sguardo non può fare a meno di ammirare le cime che svettano sul lato opposto della conca: il Pizzo Recastello, il Pizzo dei Tre Confini, il Monte Gleno, il Trobio, ancora lo Strinato che le nebbie in arrivo su quei versanti rendono ancora più fascinosi e misteriosi con il proprio insinuarsi tra i canaloni, i pinnacoli, le creste.
In breve riguadagniamo il sentiero principale che ci riporta al Curò dove sostiamo per un pranzo veloce: rifugio oggi affollato (è sabato) da una variegata presenza di persone salite a piedi o addirittura in bicicletta e molte altre ne incontreremo lungo la discesa che ci riporterà alle nostre auto.
Rientriamo verso casa, ma il pensiero corre ancora verso l'alto, ai luoghi appena attraversati, a questa “full immersion” nella Natura, che rigenera lo spirito, che apre il cuore a sentimenti di umiltà di fronte a tanta magnificenza e bellezza donata in modo del tutto gratuito ricordandoci che “... non si vede che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

Alla prossima!

 

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